
Seconda giornata a Lourdes, 22 settembre 2021
«Questo tempo e questa situazione hanno bisogno di gente che è forte perché si fida di Dio e si affida a Dio. L’incisività nella storia che viviamo non è dovuta ai ruoli, ai soldi, ai titoli di studio. Noi vorremmo tornare a casa con il coraggio di chi si affida a Maria. “Tu fortitudo mea”, come recita il motto episcopale del beato cardinal Ferrari». È un appello a uscire da presunzioni e autoreferenzialità e a scoprire nell’affidamento a Maria e al Signore la radice della forza con cui vivere la nostra vocazione, nella vita di ogni giorno, quello che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini ha lanciato mercoledì 22 settembre nel secondo giorno del pellegrinaggio diocesano a Lourdes.
Un giorno per crescere nella conoscenza e nell’amore per Maria. Così è stato fin dal mattino, con l’arcivescovo a presiedere la Messa Internazionale nella Basilica sotterranea intitolata a San Pio X. E a presentare, in omelia, Maria come maestra della «libertà» che insegna ad «essere poveri, casti, umili». Maria è l’Immacolata. Dunque colei che testimonia e insegna la libertà dalla necessità di farsi valere, di imporsi, di cercare la propria sicurezza nel possesso delle persone e delle cose. Maria «insegni a tutti i figli di Dio» quali «contenuti può rivelare questa partecipazione alla grazia», ha invocato Delpini. Maria ci accompagni lungo «cammini di libertà» per diventare, a nostra volta, «umili, casti, poveri».
Come quella di tanti pellegrini, la giornata dell’arcivescovo Delpini era iniziata, di primo mattino, alle Piscine. La pandemia ha reso impossibile, per ora, il gesto dell’immersione. Così, in alternativa, si offre ai pellegrini la possibilità di un altro gesto – lavarsi le mani e il volto, bere l’acqua – che si ispira direttamente alle parole che la Madonna disse a Bernadette Soubirous durante la nona apparizione, quella del 25 febbraio 1858. Un gesto che chiede umiltà, per essere compiuto, e che a sua volta ispira conversione e fraternità: «Il nostro peccato non è una difficoltà per il perdono, ma lo è la superbia», ha ricordato l’arcivescovo.
Maria è maestra della libertà che abilita all’amore disinteressato del servizio. Che apre al “farsi prossimo”. E sono volto esemplare di questo amore i volontari delle associazioni che si fanno carico di accompagnare e accudire i pellegrini ammalati e non autosufficienti. Quattro in particolare quelle coinvolte in questo primo pellegrinaggio diocesano dopo lo scoppio della pandemia: Unitalsi Lombarda (che ricorda i suoi cent’anni di fondazione), Oftal, Cvs (Centro volontari sofferenza) e Smom (Sovrano Militare Ordine di Malta). Dopo la Messa Internazionale, Delpini ha potuto incontrare pellegrini e volontari di Cvs e Smom. Il suo invito: causa pandemia ci sono meno pellegrini ammalati? Avete meno da “fare”? Bene: non perdete l’occasione di vivere in questi giorni un’esperienza spirituale più profonda. Dedicate più tempo alla preghiera, alla riflessione, al dialogo fra voi.
Maria, anche in questo, sarà maestra di ciò che dà fondamento stabile alla fortezza che ci è richiesta in questo tempo. Lo ha ribadito l’arcivescovo concludendo nel pomeriggio, nella chiesa di Santa Bernadette, l’incontro dedicato al cardinal Ferrari – suo il motto episcopale che fa da titolo al pellegrinaggio diocesano: «tu fortitudo mea» – che ha visto, nell’intervento di padre Giuseppe Serighelli, passionista, in servizio al Santuario di Lourdes – l’occasione per scoprire nel beato cardinal Ferrari un maestro e testimone di vera devozione mariana.
Dopo la catechesi, la preghiera. Dopo l’incontro in Santa Bernadette, il Rosario, guidato da Delpini alla Grotta e trasmesso in diretta da Tv 2000. Un momento intenso e partecipato. Come, a sera, la processione “aux flambeaux” presieduta anch’essa dall’arcivescovo di Milano. Occasioni per attingere, come popolo in cammino, come Chiesa che prega, alla sorgente della forza e del coraggio. Occasioni per dire a Maria: «tu fortitudo mea».
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Prima giornata a Lourdes, 21 settembre 2021 – Basilica Santa Bernadette
«Facciamo festa non per una convinzione solitaria, ma perché siamo comunità con Maria, la madre. Siamo Chiesa in preghiera e la presenza di Maria è motivo di consolazione e di fiducia». È un caldo invito a dire basta al «cristianesimo triste, depresso, lamentoso», a dire basta a «comunità cristiane scoraggiate, complessate, pessimiste, nostalgiche», quello che l’arcivescovo Mario Delpini ha lanciato presiedendo nella chiesa di Santa Bernadette, nel pomeriggio di martedì 21 settembre, la Messa di apertura del pellegrinaggio della diocesi di Milano a Lourdes. Il primo celebrato dopo lo scoppio dell’emergenza Covid.
Il pellegrinaggio, al quale partecipano 1.300 pellegrini giunti dalle terre ambrosiane, fa memoria di due importanti anniversari. Il primo sono i cent’anni dalla morte del beato cardinale arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari, che fu non solo pastore della carità materiale e intellettuale, ma anche precursore del pellegrinaggio moderno e maestro di spiritualità mariana. Il secondo anniversario sono i cent’anni di vita di Unitalsi Lombarda, che – guidata dal presidente Vittore De Carli e dall’assistente spirituale, il vescovo emerito di Mantova Roberto Busti – ha portato a Lourdes 520 persone, fra cui 40 ammalati, 10 tra medici e farmacisti, 14 sacerdoti, due vescovi (con Busti l’arcivescovo emerito di Trento, Luigi Bressan, assistente spirituale nazionale dell’Unitalsi) e 148 tra sorelle e barellieri.
A offrire il tema del pellegrinaggio, il motto episcopale del cardinal Ferrari: «tu fortitudo mea». Ed è nel segno dell’affidamento a Maria, che si è aperto il pellegrinaggio. Sui volti dei pellegrini, la gioia e la commozione per essere potuti finalmente tornare a Lourdes. Sentimenti che hanno cancellato la fatica del viaggio, da tutti condivida, seppur diversamente affrontata da chi è arrivato in aereo o con il pullman. A Lourdes, ora, l’occasione di vivere giorni di servizio, condivisione, fraternità, come ha suggerito l’arcivescovo Delpini. Giorni per attingere, nell’incontro con Gesù che salva e libera, alla sorgente della gioia. E poter dire basta al «cristianesimo triste, depresso e lamentoso».
LEGGI L’OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DELPINI
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Pellegrinaggio a Caravaggio, 16 settembre 2021
Il Papa ai preti anziani e malati: «Da voi la linfa per fiorire nella vita cristiana»
«State vivendo una stagione, la vecchiaia, che non è una malattia, ma un privilegio»: lo scrive papa Francesco nel messaggio ai sacerdoti lombardi anziani e malati riuniti oggi a Caravaggio per la Giornata di fraternità con i Vescovi della regione .
Il Pontefice fa riferimento a Simeone e ad Anna: «Proprio quando sono anziani il Vangelo entra pienamente nella loro vita e, prendendo fra le braccia Gesù, annunciano a tutti la rivoluzione della tenerezza». Anche chi è malato «vive un privilegio: quello di assomigliare a Gesù che soffre e portare la croce proprio come Lui». E la comunità che se ne prende cura «è ben radicata su Gesù».
Poi il Santo Padre precisa: i sacerdoti anziani e malati sono «protagonisti attivi nelle comunità», «portatori di sogni carichi cli memoria e per questo importantissimi per le giovani generazioni». E sottolinea: «Da voi viene la linfa per fiorire nella vita cristiana e nel ministero».
Infine, una conclusione scherzosa: «Vi chiedo, per favore, di pregare per me che sono un po’ anziano e un po’ malato ma non tanto!».
La Giornata di Caravaggio si è svolta in occasione del consueto incontro della Conferenza episcopale lombarda ed è stata promossa da Unitalsi Lombarda e Cel, con la collaborazione organizzativa della Fondazione Opera Aiuto Fraterno. Dopo l’accoglienza e la preparazione alla liturgia, la processione dei sacerdoti presenti ha introdotto alla celebrazione eucaristica nel Santuario di Santa Maria del Fonte, presieduta dall’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e dagli altri Vescovi lombardi. Su espressa indicazione di monsignor Delpini, la memoria nella preghiera è stata rivolta a tutti i sacerdoti lombardi vittime della pandemia: su quasi 300 presbiteri morti in Italia, ben 92 erano originari della nostra regione.
L’omelia dell’Arcivescovo è ruotata attorno al concetto di «saluto». Quello di Maria a Elisabetta («una rivelazione che ha riempito di gioia la sua casa») e quello con cui sempre lei realizza la sua missione nella casa di Zaccaria. «Anche per un prete, anche per un uomo e una donna che vogliono vivere la loro missione di annunciare il Vangelo, questo è una strada irrinunciabile», ha rilevato monsignor Delpini. Una missione «irrinunciabile e praticabile in ogni condizione di salute, in ogni età».
Sempre facendo riferimento al saluto di Maria a Elisabetta, «accolto con stupore» da quest’ultima, l’Arcivescovo ha aggiunto che nella missione di un prete «il saluto dello stupore è l’atteggiamento dell’umiltà di chi si fa servo, invece di pretendere di essere servito», «di un uomo lieto, mentre avrebbe buone ragioni per essere triste per le sue tribolazioni», «di un uomo che parla di Dio e canta il magnificat, invece che lamentarsi del mondo», «di un uomo che si interessa degli altri, invece che essere ripiegato su di sé», «di un uomo che guarda al futuro pieno di speranza», invece che temerlo «come una minaccia».
Ma soprattutto «un prete può avere la missione di “essere il saluto della gioia”», proprio di chi «crede nell’adempimento della parola del Signore», «riconosce nelle condizioni in cui si trova una occasione per dire il Vangelo», «dà testimonianza di come sia bello e lieto essere dentro una comunità, costruire e gioire della fraternità», «accoglie la rivelazione di Gesù e si sente dire: queste cose ti ho detto perché la mia gioia sia in te e la tua gioia sia piena».
Al termine della Messa il pranzo comunitario presso il Centro di spiritualità.
Riprese di Fabio Bassi
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Casa di accoglienza “Fabrizio Frizzi” per famiglie di bambini ricoverati: il sindaco di Milano consegna concessione edilizia a Unitalsi
Giuseppe Sala ha ricevuto il presidente di Unitalsi Lombarda, De Carli, e il presidente di Bcc Milano, Maino. Ospiterà l’opera un edificio da ristrutturare a fianco del Santuario dell’Ortica. Così il “Progetto dei Piccoli” approda a Milano.
Il “Progetto dei Piccoli” è nato dall’attenzione ai bisogni delle famiglie incontrate nei pellegrinaggi e nelle attività quotidiane organizzate dall’Unitalsi sui territori.
Milano. Un edificio di tre piani, tutto da ristrutturare, per 250 metri quadrati complessivi. Accanto al santuario della Madonna delle Grazie all’Ortica, in via Giovanni Amadeo 90, alla periferia est di Milano. Ecco dove ha trovato casa, nel capoluogo lombardo, il “Progetto dei Piccoli” che anno dopo anno ha visto l’Unitalsi realizzare in diverse città italiane strutture d’accoglienza per i genitori di bambini ricoverati in ospedale lontano dai propri luoghi di residenza.
In questa costellazione dell’ospitalità poteva mancare Milano, con la sua rete di ospedali d’eccellenza capaci di attirare degenti da tutta Italia? No. Ecco allora, la sfida lanciata dall’Unitalsi Lombarda – che in questo 2021 celebra il suo centenario di fondazione – aprire anche sotto la Madonnina una casa di accoglienza per i familiari di bambini, in particolare ammalati di tumore, ricoverati a Milano.
Martedì 13 luglio questo desiderio inizia a prendere forma. Nel pomeriggio, a Palazzo Marino, il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha consegnato a Vittore De Carli, presidente di Unitalsi sezione Lombarda, la concessione edilizia per la ristrutturazione dell’edificio. All’incontro erano presenti don Stefano Venturini, parroco, responsabile della comunità pastorale Lambrate Ortica, dove sorge la casa, Giuseppe Maino e Giorgio Beretta, rispettivamente presidente e direttore generale della Banca di Credito Cooperativo di Milano da sempre vicina alle iniziative a favore del territorio.
Uno dei primi sostenitori dell’iniziativa è stato il primo cittadino di Milano che sin dall’inizio si è schierato a sostegno dell’iniziativa dell’Unitalsi, credendo nell’utilità della struttura. In particolare Sala ha ribadito: «La malattia è una condizione con cui purtroppo tutti siamo costretti a confrontarci, direttamente o indirettamente. Quando, però, colpisce i bambini il senso di impotenza e la sofferenza che ne deriva sono davvero insopportabili. Poter contribuire alle cure di tutti i bambini malati che arrivano da fuori città dando alle famiglie un posto in cui alloggiare durante la degenza in ospedale dei loro piccoli è un dovere per Milano: l’affetto e la vicinanza di mamme, papà e fratelli è fondamentale per la guarigione. Ringrazio Unitalsi per portare avanti questo importante progetto all’Ortica: accogliere e sostenere le famiglie che stanno vivendo un periodo difficile fa parte della terapia».
Grande sostenitore dell’opera anche Giuseppe Maino, presidente della Banca di Credito Cooperativo di Milano. «Costruiamo ospitalità» si chiama l’iniziativa con la quale la BCC ha invitato i propri soci a partecipare al progetto di realizzazione della casa di accoglienza dell’Unitalsi: «Da alcuni anni i progetti sociali più importanti sono resi possibili dal contributo diretto dei nostri Soci – spiega Maino – che in migliaia rinunciano al tradizionale omaggio natalizio offerto dalla Banca per donare il corrispettivo economico a realtà del terzo settore impegnate in progetti di grande valore sociale. Oggi per BCC Milano è un grande giorno, insieme ad Unitalsi Lombarda possiamo finalmente avviare un progetto che fornirà un aiuto concreto a tante famiglie e ai loro bambini».
Ma fra quanti hanno appoggiato con vigore la nuova iniziativa si deve ricordare l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, il quale, intervenendo a Lourdes (nel settembre 2018, in occasione del pellegrinaggio diocesano) alla presentazione del progetto che si compirà all’Ortica, aveva definito «un sogno che mi sembra ispirato da Dio» questa «offerta di ospitalità gratuita a quelle famiglie che devono accompagnare a Milano i figli che necessitano di cure. Che Milano sia promettente per quanto riguarda le terapie, rappresentando un’eccellenza che attrae, è bello e, però, a ciò non corrisponde un’adeguata ospitalità. È commovente sapere che vi è chi ha trovato nella sofferenza e nella preghiera la luce e lo è anche che questa esperienza possa diventare un elemento di concreta ospitalità. Esprimo il mio incoraggiamento, l’approvazione, e voglio essere anch’io nella squadra che sostiene l’iniziativa».
La struttura che si realizzerà all’Ortica potrà ospitare sei nuclei familiari – dice Graziella Moschino, vicepresidente regionale –. L’edificio di via Amodeo non solo è servito dalla rete del trasporto pubblico, ma sorge accanto a un santuario, e questo è molto importante nell’ottica dell’Unitalsi. Ci saranno spazi privati come le camere e i bagni e spazi di vita condivisa come la cucina e il soggiorno. Ad accogliere le famiglie, ad affiancarle, a promuovere uno stile di comunità, la presenza dei volontari Unitalsi. I lavori, coordinati dall’architetto Sara Ugazio dello studio Zenith-Studio Architetti Associati di Busto Arsizio, partiranno a breve. La previsione è di avviarli a inizio settembre per completarli in 3-4 mesi. La casa sarà intitolata a Fabrizio Frizzi, che dell’Unitalsi è stato amico e testimonial.
Il progetto nasce dall’esperienza di vita – nel vero senso della parola – di Vittore De Carli, giornalista e presidente di Unitalsi Lombarda. Il 14 agosto 2015, mentre era sotto stress per agevolare il difficile ritorno a casa di un gruppo di ragazzi disabili da un pellegrinaggio di Unitalsi a Lourdes, viene colpito da un infarto: trascorre in coma 47 giorni, con vari arresti cardiaci, due operazioni al cuore e la riparazione della valvola mitralica. Con la determinazione e la fede De Carli vince la battaglia e recupera tutte le sue funzioni vitali.
Da questa esperienza nasce un libro, «Dal buio alla luce con la forza della preghiera» (Libreria EditriceVaticana), nel quale il giornalista racconta la propria esperienza di malattia e il cammino verso la guarigione. Questo libro diventa il primo volano per promuovere l’iniziativa a livello regionale e per una raccolta fondi da privati.

Unitalsi Lombarda Away Game: riparte da Gavirate con il para rowing
Immersi nello splendido scenario del lago di Varese, con la catena del Monte Rosa a fare da sfondo, sono riprese le attività di servizio e supporto al mondo paralimpico da parte di Unitalsi Lombarda Away Game. L’occasione della ripresa è stato l’evento Internazionale “World Rowing Final Paralympic”, organizzato e svoltosi presso la Canottieri di Gavirate, in programma dal 3 al 6 Giugno 2021. La collaborazione fra Canottieri e Unitalsi Lombarda Away Game nasce nel 2016, anno in cui abbiamo offerto il nostro primo supporto logistico con pulmini attrezzati ed autisti, per un evento Internazionale di Para Rowing, continuata poi nel 2017/2018/2019. Quest’anno abbiamo finalmente recuperato la gara, annullata a causa del Sars Cov 2 – nel 2020, valevole come ultima qualificazione alle Olimpiadi di Tokio 2021.
La programmazione del nostro intervento, iniziata già dal mese di febbraio 2021, ci ha visti molto impegnati per far fronte alle innumerevoli problematiche legate alla pandemia ancora in atto. Problematiche via via risolte con non poche preoccupazioni. In particolare abbiamo dovuto attrezzarci per la sanificazione dei mezzi con l’acquisto di apparecchiature dedicate e dei relativi disinfettanti, inoltre le limitazioni di carico imposte dalla normativa vigente, tese a garantire il distanziamento all’interno dei mezzi, ci ha imposto un numero massimo di quattro trasportati, carrozzine comprese. Queste limitazioni, unitamente alla dislocazione dei Team in molti alberghi della zona e la mancanza di un servizio ristoro presso la Canottieri, hanno incrementato notevolmente i viaggi da e per gli Hotel. Mediamente un Team di 8 persone ha richiesto 2 mezzi impegnati con 4 servizi giornalieri dedicati.
Servizi che sono iniziati il 28 maggio con le prese verso gli aeroporti di Milano Linate e Malpensa per terminare l’ 8 giugno con i rispettivi rientri. Solo i numeri qui di seguito riportati possono dare l’idea dell’enorme lavoro svolto: 12 giornate di servizio –12 pulmini Unitalsi attrezzati – 15 autisti – 3 operatori Info Point Away Game – 12 Sottosezioni coinvolte : Bergamo/Bollate/Busto Arsizio/Como/Lecco/Sede Regionale Lombarda/Magenta Rho/Mantova/Milano Nord Est/Milano Sud Ovest/Sondrio/Varese – 14 Nazioni trasportate: Algeria/Argentina/Brasile/Capoverde/Giappone/Israele/Kenia/Korea/Nigeria/Russia 1-2-3/Spagna/Sudan/Usa/Uzbekistan – 400 servizi effettuati – 2000 pax trasportati – 30.000 Km percorsi- 300 operazioni di sanificazione dei mezzi.
Sotto l’aspetto della prevenzione Sars Cov 2, atleti e accompagnatori sono arrivati tutti vaccinati; il nostro personale volontario , quasi tutto vaccinato, è stato sottoposto più volte a tampone molecolare con costanti risultati negativi.
Alla fine tutto è andato per il meglio, grazie all’impegno dei nostri volontari coinvolti ( autisti/Info Point) supportati da Valerio della Canottieri che ha mantenuto i contatti con il nostro info Point e i Team. Un plauso a Giorgio Ongania Presidente della Canottieri Gavirate che con Sara .Giovanna, Paola e Antonio ha assecondato ogni nostra richiesta.
Lascio volutamente spazio ad alcune testimonianze dei nostri autisti (CREW) che evidenziano tutto il bello di queste giornate trascorse a favore dello sport paralimpico, che vede la nostra Unitalsi Lombarda Away Game sempre più impegnata a sostenere queste iniziative, espandendo cosi la propria mission associativa!
Alberto Gallegioni (Sottosezione di Sondrio): Per me era la prima volta in questo contesto, come per altri colleghi. Altri invece avevano già fatto questa esperienza. Ho affrontato questo servizio con il solito entusiasmo e la solita voglia. Però alla fine, dopo una settimana, rispetto al solito, ero più carico di prima. Questo grazie alla “forza ricevuta” dagli atleti. Data l’inesperienza, all’inizio guardavo gli atleti con occhio di compassione, come penso succede a molti. Poveretto, che sfortuna etc. insomma i soliti luoghi comuni. Poi giorno dopo giorno “ mi sono svegliato” e ho iniziato a guardare questo mondo da dentro. Altro che poveretti, i poveretti viziati siamo noi che abbiamo tutto, la salute in primis e non la sappiamo coltivare. I ragazzi atleti hanno una forza fuori dal comune, da quello che ha perso la scarpa della gamba buona e alla richiesta di aiuto mi ha detto “I am fine” (sono a posto) ed ha messo la stampella nella scarpa e camminando a piede nudo con la stampella si portava avanti la scarpa persa. Al Messicano che senza gambe girava su uno Skeitbord e non chiedeva aiuto a nessuno, si portava la canoa e se la puliva. A tutti quelli che salivano sul pulmino e scendevano dal pulmino da soli solo con uso di stampella, magari con una gamba sola o con le gambe parzialmente utilizzabili. Nessuno a chiedere una mano. Dignitosi se la sono sempre cavata. Grazie ragazzi per l’esempio che mi avete dato e la forza di non piangersi addosso che ho ricevuto o perlomeno ho rinforzato. Ho trovato una bella compagnia di volontari “autisti per caso” da Pino ai Mantovani guidati da Alberto ( con i loro salami, per la merenda che aiuta sempre a fare gruppo) Stefano e tutti gli altri con cui ho condiviso una bella settimana. Valerio, Antonella e Loris mi hanno accolto e accompagnato nel lavoro. Grazie “raga” grazie Luciano alla prossima di settembre. Non mancherò! Giuseppe Secondi detto Pino (Presidente sottosezione Milano Sud/Ovest): Quando mi dissero che avevano bisogno di autisti per il paralimpico accettai per la curiosità perchè non sapevo che manifestazione fosse, non avendo mai partecipato. L’avventura inizia venerdì 27 maggio con il ritiro del pulmino della Sezione Lombarda, destinazione Canottieri Gavirate, dove mi spiegano in cosa consiste il nostro servizio; prese degli atleti in arrivo presso gli aeroporti di Malpensa e Linate, trasporto presso Hotel della zona. Domenica arrivano un gran numero di partecipanti; tante nazioni, tante aspettative, tanti modi di approcciarsi, anche perché gli atleti sono persone “speciali” ed ognuno di essi ha esigenze diverse. Sono rimasto piacevolmente sorpreso per lo spirito, la vitalità e la dolcezza di questi atleti, allegri e concentrati sulle gare ma, soprattutto, per la serenità e lo spirito sportivo anche quando non si qualificavano……..UNA LEZIONE DI VITA….! E’ stata un esperienza indimenticabile. Grazie a Unitalsi Lombarda Away Game, al gruppo autisti (ben organizzato), grazie alla Canottieri….. alla prossima! Alberto Dalmaschio (Sottosezione di Mantova): un nutrito gruppo di volontari dell’Unitalsi ha prestato servizio per il trasferimento degli atleti, accompagnatori e staff verso aeroporti, alberghi e campo gara. Svegli presto al mattino, spirito di servizio, collaborazione, condivisione, empatia, emozioni grandissime, momenti di festa, fratellanza, uguaglianza e alla sera stanchissimi nel fisico ma con il cuore colmo di “ricchezze”. No, non siamo in Pellegrinaggio a Lourdes o a Fatima, siamo a Gavirate sul Lago di Varese in occasione dell’ Internazionale Para Rowing valevole per le qualificazioni Paralimpiche di Tokio 2021. Atleti giunti da tutte le parti del mondo, con i rispettivi staff, con i loro meravigliosi colori, i loro modi di essere, tutti diversamente abili con vari difetti fisici. Hanno dato vita ad una settimana entusiasmante, ovviamente dal punto di vista sportivo, ma soprattutto hanno dimostrato la grandissima forza d’animo, la determinazione nel raggiungere ambiziosi risultati sportivi, facendo passare in secondo piano le diverse problematiche fisiche; dimostrando a tutti che si può andare avanti , che si deve andare avanti senza mai mollare. Abbiamo vissuto momenti di grande fratellanza tra i vari popoli. Bianchi, neri, gialli tutti fratelli e diventati amici. Un esperienza fantastica, che speriamo di avere l’opportunità di ripetere perché siamo tornati tutti con il cuore pieno di felicità e gioia grazie a tutti gli atleti.
Unitalsi Lombarda Away Game non si ferma qui, continua il proprio servizio a favore dello sport paralimpico con gli eventi in programma dal 24 al 27 giugno a Somma Lombardo (Va) in occasione dell’Internazionale di Para Dressage (Equitazione) e dal 21 al 26 settembre a Lonato del Garda (Vr) in occasione del Mondiale Para Shooting (Tiro a volo specialità Trap).
Luciano Pivetti
Unitalsi Lombarda Away Game

RaiUno: A Sua immagine, dal 15 maggio al via sei puntate condotte da mons. Dario Viganò per il ciclo “Le Ragioni della Speranza”
Parola, Relazione, Dubbio, Dono, Pazienza e Fraintendimento sono i “temi” su cui riflettono e si raccontano, in modo personale e originale, sei personaggi (in cerca dell’Autore): Flavio Insinna, Cristiana Capotondi, Orietta Berti, Roberto Mancini, Francesco Pannofino e Claudia Gerini.
Sono loro i protagonisti del nuovo ciclo de “Le Ragioni della Speranza”, seconda parte del programma “A Sua Immagine” (RaiUno), condotto per la prima volta da mons. Dario Edoardo Viganò, sacerdote lombardo di Vedano al Lambro, vicecancelliere della Pontificia accademia delle Scienze e delle Scienze sociali con specifica competenza per il settore della comunicazione. Ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini, nel 1987, dopo un breve periodo come coadiutore a Garbagnate Milanese e nella parrocchia milanese di San Pio V, diviene docente incaricato di etica e deontologia dei media all’Alta Scuola di Specializzazione in Comunicazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e docente di Semiotica del cinema e degli audiovisivi e di Semiotica e comunicazione d’Impresa alla Facoltà di Scienze della comunicazione dell’università Lumsa di Roma. Attualmente insegna alla Business School della Luiss produzione audiovisiva e ha firmato la regia dei 7 episodi Vizi e Virtù per Discovery Channel, una conversazione con Papa Francesco.
Il nuovo ciclo de “Le Ragioni della Speranza”, avrà come scenografia di incontro e confronto la Casina Pio IV, capolavoro del Rinascimento, immerso nel verde dei Giardini Vaticani. Residenza estiva di papa Pio IV era chiamata nel settecento “la fabbrica nell’acqua” grazie alla frescura proveniente dalle acque del ninfeo sottostante. Un gioiello dell’architettura, una scenografia a cielo aperto, che in questa occasione diventa set televisivo.
Monsignor Dario Viganò, che è stato anche assessore e prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede ed è autore di numerosi studi e pubblicazioni dedicati all’analisi del rapporto tra i media e il mondo cattolico, ha di recente pubblicato “Testimoni e influencer – Chiesa e autorità al tempo dei social” (Edb Edizioni DehonianeBologna, 2020) nel quale ripercorre la storia del rapporto tra Chiesa e autorità dalle origini al tempo dei social media. «La dimensione normativa e regolativa dell’autorità viene oggi messa in discussione dai social media. Le community si organizzano sulla base di interessi e visioni comuni, espellono le dissonanze e seguono gli influencer, a cui conferiscono autorità in un determinato ambito e in un tempo circoscritto. In questo contesto, l’unica autorità che la Chiesa può legittimamente coltivare – si legge nel volume -è quella della testimonianza di coloro che, in forza del battesimo, vivono manifestando il dono della vita di Dio in noi».
Le nuove puntate de Le Ragioni della Speranza, firmate da Laura Misiti e Gianni Epifani, con la collaborazione di Carmela Radatti e la regia di Maria Amata Calò, andranno in onda su RaiUno a partire da sabato 15 maggio alle ore 16.15.
In queste settimane, inoltre, monsignor Viganò è protagonista degli “Incontri del centenario” dell’Unitalsi Lombarda. Appuntamenti via social che, iniziati lo scorso 31 marzo, si concluderanno il 27 maggio con l’incontro dal titolo: Fratelli tutti di papa Francesco. Cambio di paradigma sul mondo digitale.

Radio Mater: evento speciale in occasione del 163esimo anniversario delle Apparizioni di Maria, XXIX Giornata del Malato
Giovedì 11 febbraio dalle 20 alle 22.30, con il cuore alla grotta di Lourdes, l’Unitalsi e Radio Mater propongono un momento di preghiera e di incontro per tutti gli unitalsiani.
L’appuntamento sarà ricco di testimonianze e ospiti a partire dal presidente regionale di Unitalsi Lombarda, Vittore De Carli che condurrà in studio con Enrico Viganò.
A guidare la recita del santo rosario, in collegamento da Lourdes, sarà Padre Nicola Ventriglia, responsabile dei cappellani italiani a Lourdes, e lo farà nello stile che caratterizza ogni giorno la preghiera mariana dalla grotta di Massabielle.
Tra gli ospiti ci saranno l’assistente della Sezione Lombarda dell’Unitalsi monsignor Roberto Busti e il presidente nazionale dell’Unitalsi Antonio Diella.
L’incontro si concluderà con un confronto sul messaggio di Lourdes oggi, attraverso le parole di tre giornalisti della stampa cattolica: Lorenzo Rosoli, Filippo Anastasi ed Enrico Viganò e del presidente nazionale Unitalsi Diella.
Consultando il sito di Radio Mater (CLICCA QUI) si potranno avere tutte le informazioni per l’ascolto.
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Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXIX Giornata Mondiale del Malato
Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati
Cari fratelli e sorelle!
La celebrazione della XXIX Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio 2021, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, è momento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi deputati alla cura sia in seno alle famiglie e alle comunità. Il pensiero va in particolare a quanti, in tutto il mondo, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimo la mia spirituale vicinanza, assicurando la sollecitudine e l’affetto della Chiesa.
1. Il tema di questa Giornata si ispira al brano evangelico in cui Gesù critica l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno (cfr Mt 23,1-12). Quando si riduce la fede a sterili esercizi verbali, senza coinvolgersi nella storia e nelle necessità dell’altro, allora viene meno la coerenza tra il credo professato e il vissuto reale. Il rischio è grave; per questo Gesù usa espressioni forti, per mettere in guardia dal pericolo di scivolare nell’idolatria di sé stessi, e afferma: «Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (v. 8).
La critica che Gesù rivolge a coloro che «dicono e non fanno» (v. 3) è salutare sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell’ipocrisia, un male molto grave, che produce l’effetto di impedirci di fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale.
Davanti alla condizione di bisogno del fratello e della sorella, Gesù offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio (cfr Lc 10,30-35).
2. L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. La condizione di creaturalità diventa ancora più nitida e sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro “affannarci” (cfr Mt 6,27).
La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una risposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutarci in questa faticosa ricerca.
Emblematica è, al riguardo, la figura biblica di Giobbe. La moglie e gli amici non riescono ad accompagnarlo nella sua sventura, anzi, lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Giobbe precipita in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma proprio attraverso questa estrema fragilità, respingendo ogni ipocrisia e scegliendo la via della sincerità verso Dio e verso gli altri, egli fa giungere il suo grido insistente a Dio, il quale alla fine risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una punizione o un castigo, non è nemmeno uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua indifferenza. Così, dal cuore ferito e risanato di Giobbe, sgorga quella vibrante e commossa dichiarazione al Signore: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5).
3. La malattia ha sempre un volto, e non uno solo: ha il volto di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali (cfr Enc. Fratelli tutti, 22). L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario. Nello stesso tempo, la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana.
La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, il buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere umano, ferito dal peccato. Uniti a Lui per l’azione dello Spirito Santo, siamo chiamati ad essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti (cfr Gv 13,34-35). E viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili.
A tale proposito, desidero ricordare l’importanza della solidarietà fraterna, che si esprime concretamente nel servizio e può assumere forme molto diverse, tutte orientate a sostegno del prossimo. «Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo» (Omelia a La Habana, 20 settembre 2015). In questo impegno ognuno è capace di «mettere da parte le sue esigenze e aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. […] Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone» (ibid.).
4. Perché vi sia una buona terapia, è decisivo l’aspetto relazionale, mediante il quale si può avere un approccio olistico alla persona malata. Valorizzare questo aspetto aiuta anche i medici, gli infermieri, i professionisti e i volontari a farsi carico di coloro che soffrono per accompagnarli in un percorso di guarigione, grazie a una relazione interpersonale di fiducia (cfr Nuova Carta degli Operatori Sanitari [2016], 4). Si tratta dunque di stabilire un patto tra i bisognosi di cura e coloro che li curano; un patto fondato sulla fiducia e il rispetto reciproci, sulla sincerità, sulla disponibilità, così da superare ogni barriera difensiva, mettere al centro la dignità del malato, tutelare la professionalità degli operatori sanitari e intrattenere un buon rapporto con le famiglie dei pazienti.
Proprio questa relazione con la persona malata trova una fonte inesauribile di motivazione e di forza nella carità di Cristo, come dimostra la millenaria testimonianza di uomini e donne che si sono santificati nel servire gli infermi. In effetti, dal mistero della morte e risurrezione di Cristo scaturisce quell’amore che è in grado di dare senso pieno sia alla condizione del paziente sia a quella di chi se ne prende cura. Lo attesta molte volte il Vangelo, mostrando che le guarigioni operate da Gesù non sono mai gesti magici, ma sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale, in cui al dono di Dio, offerto da Gesù, corrisponde la fede di chi lo accoglie, come riassume la parola che Gesù spesso ripete: “La tua fede ti ha salvato”.
5. Cari fratelli e sorelle, il comandamento dell’amore, che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, trova una concreta realizzazione anche nella relazione con i malati. Una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno. Tendiamo a questa meta e facciamo in modo che nessuno resti da solo, che nessuno si senta escluso e abbandonato.
Affido tutte le persone ammalate, gli operatori sanitari e coloro che si prodigano accanto ai sofferenti, a Maria, Madre di misericordia e Salute degli infermi. Dalla Grotta di Lourdes e dagli innumerevoli suoi santuari sparsi nel mondo, Ella sostenga la nostra fede e la nostra speranza, e ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri con amore fraterno. Su tutti e ciascuno imparto di cuore la mia benedizione.
Roma, San Giovanni in Laterano, 20 dicembre 2020, IV Domenica di Avvento.
Francesco
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